Il Gran Veneziano

Il Gran Veneziano
(scritto nel 2001)

Lettura: spessore-weight*, impegno-effort*, disimpegno-entertainment**

Negli Alti Tauri c’è uno dei più maestosi paesaggi naturali che l’Austria offre: una vasta area di ghiacciai che coprono montagne poste interamente in territorio austriaco, divise tra Tirolo Orientale, Carinzia e Salisburghese. Già all’inizio del secolo scorso si era iniziato a stendere un progetto per la creazione di un’area protetta destinata a proteggere le bellezze della natura, ma solo negli anni Settanta le regioni di Carinzia, Salisburgo e Tirolo concludevano l’accordo per proteggere questo gioiello della natura; nel 1991 veniva annessa l’ultima parte dell’aerea del Parco, quella appartenente al Tirolo. Con una superficie di 1800 km quadrati, oggi gli Alti Tauri (Hohe Tauern) sono il parco nazionale più grande dell’Europa centrale.

Si tratta di un delicato sistema ecologico, dove i sistemi di vita sono sempre molto interdipendenti gli uni dagli altri, e l’intervento umano può suscitare enormi conseguenze per animali e piante. Qui trovano spazio circa 10.000 specie di animali, in un paesaggio talvolta quasi estremo, come nelle zone che lambiscono i ghiacciai. Tuttavia gli animali popolano tutte le zone, dai fondovalle fino alle vette più alte, persino i ghiacciai. Tra gli animali più noti, ed anche osservabili con facilità, vi sono lo Stambecco, il Camoscio, la Marmotta e l’Aquila Reale. In estate è avvistabile anche il Gipeto, recentemente reintrodotto.

Il Grossvenediger (Il Gran Veneziano), Alti Tauri

Queste montagne non sono soltanto però caratterizzate da una natura allo stato incontaminato: la presenza umana è una componente costante, della quale non si può fare a meno di tener conto. Pascoli alpini e mietiture sui fianchi delle vallate formano un paesaggio culturale, una regione intatta coltivata da secoli di lavoro dei contadini e dei montanari. E oggi sono il primo presupposto per il turismo in queste valli. Come in altre zone della catena alpina, diventano perciò importantissimi la consulenza e l’incoraggiamento delle popolazioni di montagna all’adesione dell’idea di parco: un progetto che ha per scopo non soltanto quello di salvaguardare la natura, ma anche quello di conservare le tradizioni e la cultura delle genti, in definitiva la loro unicità. Una dimostrazione dell’importanza di ciò è data dal fatto, statisticamente provato, che moltissimi dei visitatori del parco sono fortemente interessati alla storia e alle attività delle genti di montagna. Nel Parco degli Alti Tauri si tiene molto alla conservazione ed alla cura delle abitazioni e degli alpeggi, degli steccati, dei canali d’irrigazione, delle mulattiere nonché delle cappelle e di qualunque altra opera che sia stata realizzata con il lavoro di generazioni. Non si è cercato di creare una «riserva alpina di folclore», quanto piuttosto di favorire attività economiche compatibili con la natura del parco, per esempio con la vendita dei prodotti tipici.

Matrei è un tranquillo paese tirolese che offre il migliore punto d’appoggio per le visite nella regione sudorientale del parco. Il paesaggio è quello di maestose valli glaciali che ricordano morfologicamente quelle delle Alpi Occidentali: curiosamente viene istintivo fare un confronto con le vallate di un altro parco nazionale, quello del Gran Paradiso, tanto sembra che le montagne siano simili. Tuttavia, a una occhiata più attenta, le differenze saltano agli occhi.

Innanzi tutto qui la cura per i fondovalle è stata maggiore, le attività pastorali sono ancora praticate e non vi è stata un’edilizia selvaggia come altrove. Un’altra piacevole scoperta è come si sia cercato di arginare il fiume di auto che accompagna inevitabilmente i visitatori; sono state infatti create ampie zone di posteggio all’ingresso delle valli che portano nel parco. Da lì ci si muove a piedi oppure con taxi e carrozze che trasportano gli escursionisti all’interno delle vallate più lunghe e faticose, come nel caso della Gschlössbachtal, depositandoli all’inizio delle risalite ai rifugi alpini.

Le montagne sono maestose ma dolci al tempo stesso, con ghiacciai che si prestano facilmente a traversate di rifugio in rifugio; diversi sono gli anelli che si possono compiere senza presentare particolari difficoltà alpinistiche. L’unico accorgimento è quello di essere attrezzati a dovere e possedere le cognizioni tecniche necessarie per affrontare i pericoli che i ghiacciai comportano: altrimenti ci si può affidare ad una delle numerose ed efficienti guide alpine facilmente reperibili in zona. I rifugi sono di norma confortevoli e con una cucina sempre gradevole; la prenotazione è d’obbligo, vista l’alta frequentazione di queste belle montagne.

Il Grossvenediger

Queste note di carattere generale s’adattano a maggior ragione a una delle più significative zone degli Alti Tauri, cioè la sua parte occidentale, l’insieme di vette come Dreiherrnspitze, Simonyspitze, Grosse Geiger, Grossvenediger e Hohe Fürleg. Queste, per ciò che riguarda l’Osttirol, sono accessibili da tre valli (Virgental, Frosnitzbachtal e Gschlössbachtal), tutte confluenti nell’Iseltal di Matrei. Tra i vari rifugi che fanno da base alle ascensioni e alle traversate, noi abbiamo scelto di visitare l’Essener-Rostocker Hütte, la Johannis Hütte e la Neue Prager Hütte. Ci sarà tempo un’altra volta di andare alla Badener Hütte. Quanto alla Defregger Haus, oppure alla Kleine Philipp Reuter Hütte, chissà che prima o poi non faremo la traversata scialpinistica degli Alti Tauri, quella che parte da Kasern in Valle Aurina e arriva al Grossglockner, in giorni e giorni di su e giù senza vedere un paese. L’ingresso graduale nella conca glaciale del Simonykees e del Maurerkees è stata una vista grandiosa e impagabile. Non si riesce ad entrare al caldo dell’Essener-Rostocker Hütte, stregati come si è dai ghiacci, dal rumore del torrente sottostante, dall’attrazione delle cime di neve che ci stanno al di sopra. L’alba sul laghetto allo sbocco del Simonykees è emozionante, primordiale. Si cammina quasi estatici di fronte alla bellezza di ciò che ci circonda e mentre si sale con fatica al Türmljoch, al saluto sorridente e continuo delle comitive che camminano in senso opposto al nostro, ci si convince che tutto ciò ha un grande senso, che la famiglia degli appassionati di montagna non ha davvero frontiere.

Il Felber Tauern Tunnel collega l’Iseltal dell’alto Osttirol alla valle del torrente Salzach (che poi prosegue fino a Salisburgo e quindi fino all’Inn): è quindi importante arteria nel traffico di un paese montuoso come l’Austria ed è per di più nel cuore del parco nazionale. Ovvio che all’uscita ci sia una delle zone più significative dal punto di vista turistico: eppure qui è tutto mantenuto naturale, non hanno adattato il territorio alle esigenze delle masse. Hanno piuttosto educato le masse ad adattarsi al territorio. E così, chi come noi vuole salire verso il Grossvenediger si sente accomunato ancora una volta dallo spirito del massimo rispetto per la natura. E la fatica, quando si è così leggeri dentro, non si sente più. Siamo pronti a salire di nuovo e a vedere un altro ancora dei più fantastici luoghi della catena alpina, quel Gran Veneziano che tanto attrasse anche gli spiriti più antichi.

Arrivo alla Defregger Haus

Il Gran Veneziano è la traduzione di Grossvenediger e il nome sembra avvalorare l’ipotesi che dalla vetta si possa, in particolari condizioni atmosferiche, vedere la laguna di Venezia. Ma potrebbe anche esservi un riferimento al passaggio della catena alpina, visto che questa montagna è la seconda per altezza degli Alti Tauri ed ha una mole decisamente ragguardevole, è un riferimento appunto. Al culmine di un gruppo omonimo che conta ben 68 ghiacciai che ricoprono complessivamente una superficie di 126 kmq, su 30 km di catena principale nessun colle è sgombro di ghiaccio, fenomeno che non capita neppure sul vicino Grossglockner, che invece è la vetta più alta della catena, né sul Goldberg, ultimo colosso occidentale degli Alti Tauri. Dunque molto ghiaccio, ma di aspetto abbastanza bonario, se si eccettua la parete nord. Le linee sono dolci, nessuno di questi fiumi ghiacciati è davvero temibile. La conquista della montagna, già tentata nel 1797 da una squadra incaricata della delimitazione delle frontiere, avvenne il 3 settembre 1841: giunsero in vetta 26 persone guidate da Anton von Ruthner, poi fondatore dell’Österreichischen Alpenverein. Fu salito anche il picco estremo, quella cornice strapiombante da un lato che solitamente i venti formano sulle cime. Nell’inverno 1898 Othmar Sehrig, di Innsbruck, tentò la salita invernale con gli sci, ma dovette rinunciare per il maltempo e per le cattive condizioni. Ma il giorno di Natale del 1900, accompagnato da alcuni amici, ritornò. Dopo una notte alla Pragerhütte, il gruppetto giunse in vetta dopo nove ore di fatiche, raggiungendo di nuovo il rifugio solo alle undici di sera.

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Il Gran Veneziano ultima modifica: 2017-11-17T05:54:27+01:00 da GognaBlog
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