La Carta di Fontecchio

Parchi capaci di futuro

Il 20 e 21 giugno 2014 sono stati due giorni di confronto sulle aree naturali protette in Italia, dalle sfide globali allo sviluppo locale. Sede dell’importante incontro è stata l’ex convento di san Francesco a Fontecchio (AQ).

La Legge “quadro” n.394 del 1991 che disciplina le principali aree naturali protette italiane, rappresenta una delle più alte testimonianze della maturità culturale della Nazione, un vero gioiello normativo che ha resistito allo scorrere degli anni, alle ostilità del suoi interessati detrattori, alla vischiosità di una burocrazia immobilista, alla latitanza della politica nazionale e locale.

Tuttavia il quadro politico, economico, sociale e culturale dell’Italia non e più quello degli anni in cui questa legge è stata promulgata e allo stesso tempo è cambiato lo scenario internazionale globale nel quale oggi si colloca la missione delle aree naturali protette. Il bisogno di rimodularne il ruolo, anche sulla base di un ventennio di esperienze concrete, si fa sempre più vivo, alla luce dei nuovi paradigmi per la conservazione della natura definiti a livello internazionale. Una esigenza impellente, in presenza di proposte di riforma pasticciate e frettolose che aumenterebbero le criticità, invece di superarle.

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Per queste ragioni le associazioni CTS Ambiente, FAI (Fondo Ambiente Italiano), Federazione ProNatura, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness ItaliaTouring Club Italiano e WWF Italia, con la collaborazione del Comune di Fontecchio, in Abruzzo, hanno proposto una due giorni di confronto per ribadire il significato del Parchi Nazionali e delle altre aree naturali protette, le loro vocazioni prioritarie e il loro ruolo non residuale all’interno delle dinamiche culturali, sociali ed economiche del nostro Paese in un momento di crisi.

Recupero dei temi della conservazione, della biodiversità, della percezione del paesaggio come valore immateriale e la valorizzazione dei servizi forniti dagli ecosistemi come strumento per un corretto riconoscimento del capitale naturale, riconducendo a questi temi anche il benessere umano legato alla percezione della bellezza.

Opportunità di andare oltre la concezione di parco-museo, ma allo stesso tempo fuoriuscita dalle strettoie claustrofobiche centrate sul perseguimento prioritario delle ricadute economiche.

I parchi e le altre aree naturali protette hanno infatti la principale funzione di tutelare la natura come bene comune e identitario dei territori. Una natura intrisa di storia che rappresenta un valore in sé non monetizzabile.

La proposta di riforma della Legge quadro in discussione in Parlamento non ha saputo cogliere le sostanziali novità degli ultimi 24 anni che ci separano dall’approvazione della Legge quadro 394 nel 1991 ed è nata senza il necessario confronto tra tutti i soggetti interessati al futuro dei parchi in Italia. Ha invece prodotto lacerazioni nel mondo ambientalista e tra le rappresentanze dei diversi attori coinvolti nella gestione delle aree naturali protette.

Questo incontro voleva offrire l’opportunità per mettere a confronto tutte le riflessioni sull’attuazione della legge quadro, i suoi punti deboli, le proposte di modifica, gli snodi culturali e naturalistici, i ruoli dei diversi attori, l’identificazione delle priorità irrinunciabili. Le otto associazioni che hanno promosso questi due giorni di confronto volevano stimolare analisi e riflessioni per raccogliere utili stimoli e raccomandazioni che potranno costituire un riferimento utile per rilanciare il ruolo del parchi e delle altre aree naturali protette nelle nuove sfide ambientali e sociali, globali e locali. Per questo l’incontro si è rivolto a tutti i soggetti istituzionali, alle associazioni nazionali o locali che in forme diverse e articolate collaborano, operano, gravitano o semplicemente sono interessate ai temi della tutela del nostro patrimonio naturale e culturale attraverso la gestione dei parchi e delle altre aree naturali protette: dai Presidenti ai Direttori dei Parchi, dai Sindaci dei Comuni delle aree protette, agli operatori del turismo sostenibile, del mondo della pastorizia, dell’artigianato, dell’agricoltura, dall’arcipelago mediatico, al mondo della cultura e della scienza. Il Convegno intendeva collegarsi, anticipandone alcune tematiche, al V Congresso Mondiale dei Parchi che si è tenuto a Sydney, dal 14 al 19 novembre 2014, IUCNWorld Parks Congress – Parks, people, planet: inspiring solutions. In questo convegno, tre erano gli obiettivi prioritari: Parchi, valorizzare e conservare l’ambiente naturale; Persone, gestione e direzione efficace ed equo utilizzo delle risorse naturali; Pianeta, promuovere soluzioni alle sfide globali basate sulla natura.

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La coordinazione delle due sessioni di lavoro è stata affidata a Maria Rosaria La Morgia (giornalista RAI).

Nella Prima sessione, I valori delle aree protette, dopo l’introduzione  di Carlo Alberto Pinelli (Presidente Mountain Wildemess Italia) hanno parlato i relatori Stefano Rodotà (contributo video), Aree protette come beni comuni; Carlo Alberto Graziani (Università degli Studi di Siena), Ruolo delle aree protette e percorso della 394; Riccardo Santolini (Società Italiana Ecologia del Paesaggio – Università degli Studi di Urbino), Biodiversità e servizi ecosistemici; Giampiero Di Plinio (Università degli Studi di Pescara Gabriele d’Annunzio), Aree protette ed economia; Marco Parini (Presidente Italia Nostra), Aree protette e patrimonio storico, artistico e culturale; Luisa Bonesio (Università degli Studi di Pavia) (contributo video), Aree protette e paesaggio; Alessio Di Giulio (Direttore Ilex), Aree protette: Partecipazione e gestione dei conflitti.

La Seconda sessione, Aree protette in Italia, quale futuro? era una tavola rotonda, con la partecipazione di Fulvio Mamone Capria (LIPU-Birdlife), Giampiero Sammuri (Federparchi), Gaetano Benedetto (Ente Parco Nazionale del Circeo), Mauro Furlani (Federazione ProNatura), Antonio Nicoletti (Legambiente), Marco Lion (Touring Club Italiano), Elio Tompetrini (Associazione 394), Micaela Solinas (CTS), Andrea Gennai (AIDAP), Filippo Di Donato (CAI -TAM), Costanza Pratesi (FAI), Renato Grimaldi (DPN Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare) e Dante Caserta (WWF Italia).

Fondamentale è stato lo svolgimento delle Sessioni tematiche. Dopo l’introduzione di Franco Ferroni (WWF Italia), ci sono state quattro sessioni:
– Conservazione della natura e delle sue risorse, con il coordinamento di Giuliano Tallone (LIPU- Birdlife) e l’introduzione di Massimo Pellegrini, Claudio Celada e Bruno Petriccione;
Governo del territorio, paesaggio e tutela dei beni comuni, con il coordinamento di Ebe Giacometti (Italia Nostra) e l’introduzione di Massimo Sargolini, Bernardino Romano e Federica Thomasset;
– Economia agricoltura e turismo, con il coordinamento di Luigi Casanova (MW) e l’introduzione di Cristina Salvioni, Fernando Di Fabrizio e Ugo Ciavattella;
Educazione, formazione, comunicazione e partecipazione, con il coordinamento di Francesco Paglino (CTS) e l’introduzione di Maria Antonietta Quadrelli, Massimo Alesii e Vanessa Ponziani.

 

Le otto associazioni che lo scorso anno hanno organizzato a Fontecchio il convegno Parchi capaci di Futuro intendono presentare tra la fine di questo gennaio 2016 e la fine di febbraio la qui acclusa Carta di Fontecchio che rappresenta una sintesi di alto livello di quanto il convegno aveva discusso. Intendono dare all’evento il massimo rilievo possibile, forti anche delle posizioni assunte nel frattempo dalla coraggiosa enciclica “Laudato si“, posizioni nelle quali, quali che siano le nostre convinzioni e la nostra individuale formazione culturale, non possiamo non riconoscerci.

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La Carta di Fontecchio ultima modifica: 2016-01-30T05:23:04+01:00 da GognaBlog

7 pensieri su “La Carta di Fontecchio”

  1. 7
    Carlo Alberto Pinelli says:

    La Carta di Fontecchio rappresenta insieme la sintesi e la rielaborazione delle conclusioni emerse durante il convegno “Parchi capaci di Futuro”, organizzato nella cittadina abruzzese di Fontecchio nel giugno del 2014 da un gruppo nutrito di associazioni ambientaliste, tra le quali il WWF, Italia Nostra, la Lipu, Pronatura, il FAI, il Touring Club, Mountain Wilderness. Ci si può chiedere perché sono stati necessari due anni per giungere a questo risultato conclusivo. Le ragioni sono molte e non credo sia necessario enumerarle. Dirò soltanto che alle spalle c’è stata la non facile esigenza di formulare un testo capace di porsi come una “pietra miliare” nella evoluzione del rapporto tra la Natura ( in tutte le sue declinazioni ecologiche, ambientali, estetiche, culturali ) e i cittadini italiani. Un testo che pur volando alto, non perdesse di concretezza e non fosse destinato a restare un libro dei sogni. Magari anche pregevole, ma sterile. In questa prospettiva –argomenta la Carta – il potenziale e auspicabile ruolo dei Parchi Nazionali – e più in generale della natura protetta – dovrebbe essere quello di un trampolino per aiutare l’intera Nazione a spingere lo sguardo più il là, accogliendo in chiave laica anche i preziosi suggerimenti che costituiscono la colonna vertebrale dell’Enciclica pontificia “ Laudato Si’. Gioverebbe ispirarsi, in questo percorso, a una frase famosa di Gregory Bateson che dice; “I problemi principali del mondo sono il risultato della differenza tra il modo con cui la natura opera e il modo con cui l’uomo pensa.” Se ciò è vero, ne consegue che la soluzione dei nostri problemi, su scala locale e mondiale, deve passare attraverso la conquista di un pensiero nuovo. Un pensiero rivoluzionario che non si ponga come antagonista dell’opera della natura e di conseguenza possa condurre l’umanità intera alla riscoperta di un linguaggio comune o per lo meno compatibile con le esigenze del pianeta fisico in cui ciascuno di noi vive e si muove.
    La Carta di Fontecchio ha esattamente questa ambizione. Ambizione di volare alto, fino a sfiorare i confini della profezia, che poi sono gli unici veri confini dell’ambientalismo illuminato. Però senza perdere il contatto con il suolo. Nessuno di noi vuole essere paragonato a quei nobili padri di famiglia che nel chiuso dei loro club esclusivi spiegano agli amici quali dovrebbero essere le qualità di un buon marito per le proprie figlie, mentre allo stesso tempo in un municipio poco lontano quelle stesse figlie si stanno sposando alla chetichella, magari addirittura con un camorrista. Va detto con assoluta chiarezza che la Carta di Fontecchio non è nata come risposta difensiva ai disegni di legge per la modifica della legge quadro 394/91 che stanno per uscire dalla Commissione Ambiente del Senato. Ma noi non possiamo fare finta che quei disegni di legge non siano sul punto di essere votati. Pur ammettendo la buona fede dei loro estensori, le modifiche proposte sono il risultato di una visione asfittica, abborracciata, di corto respiro del ruolo potenziale della natura protetta e porterebbero a una ulteriore marginalizzazione dei Parchi Nazionali italiani. Proprio l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno!
    La Carta di Fontecchio sostiene un approccio diametralmente opposto: dimostra con forza e credibilità la necessità di riportare la natura e il rapporto con la natura al centro dei progetti di sviluppo del nostro paese. Uno sviluppo certamente liberato dalla vischiosa ragnatela degli interessi mercantilistici e consumistici e volto piuttosto alla valorizzazione, anche economica, dei beni immateriali.
    Alla base della Carta c’è la certezza che la Natura è, e deve essere considerata in tutte le sua sfaccettature, come un bene comune. In quanto tale non può essere ristretta e soffocata nella morsa degli interessi privati e del possesso egoistico, siano essi di carattere individuale o di gruppo.
    A questo proposito la Carta parla chiaro, con una voce non troppo dissimile da quella del Pontefice. Ogni decisione sull’uso o la modificazione del bene comune deve essere presa con estrema cautela, in armonia con la partecipazione dei cittadini. Attraverso un dialogo costante, tenace, franco. Nel pieno rispetto della dignità di tutti, si condividano o non si condividano i punti di vista che essi difendono. Ogni sforzo deve essere compiuto per favorire le giuste aspirazioni delle popolazioni locali, purché compatibili con la rigorosa tutela della biodiversità e del valore del paesaggio. I conflitti che hanno troppo spesso paralizzato lo sviluppo dei Parchi Nazionali possono essere superati solo attraverso la partecipazione e la reciproca fiducia, senza tuttavia rinnegare la necessità di una “cabina di regia” di livello per lo meno nazionale in grado di sollecitare tutti a guardare lontano e di pilotare con saggezza le scelte cruciali.
    A volte, parlando di Parchi Nazionali, l’attenzione si concentra soprattutto sui i temi connessi con la bio-diversità e pone in secondo piano la tutela del paesaggio. La Carta di Fontecchio ci ricorda che questo è un errore. Ma cosa si intende per “paesaggio”? Innanzitutto il paesaggio identitario, frutto dell’interazione millenaria tra gli abitanti e la natura in cui vivono: un baluardo in difesa delle tradizioni e delle radici di ciascun territorio; ma anche, contestualmente, paesaggio come espressione della bellezza e del valore della bellezza per la completa e armoniosa realizzazione della nostra qualità di esseri umani. La difesa della bellezza non è l’ubbia di una minoranza di esteti retrogradi. Non è nemmeno la ciliegina sulla torta, alla quale ci si può dedicare solo quando tutti gli altri bisogni materiali siano stati soddisfatti. La percezione della bellezza è una delle poche cose che ci distinguono dagli altri esseri viventi, in una con il linguaggio articolato. Solo noi, esseri umani, siamo capaci di commuoverci di fronte a un tramonto, o al fascino estetico di un faggio centenario, o ai versi di un poeta. Questa predisposizione ( anche se le sue declinazioni sono soggettive e possono mutare con lo scorrere dei secoli) mantiene un significato profondo al quale troppi oggi riservano scarso interesse. Dovremmo invece meditare tutti seriamente su un’altra frase di Bateson, il quale ebbe il coraggio di sostenere che il pensiero umano, quando accoglie in sé i linguaggi unificanti della poesia e della metafora, diventa automaticamente il pensiero della natura, intesa nella sua globalità. Liquidare le preoccupazioni estetiche come un qualcosa di superfluo – e la poesia come un imbarazzante infantilismo – contribuisce a svilire il respiro della nostra presenza sul Pianeta. Per questo, accennando ad uno dei tanti possibili dettagli operativi, la Carta di Fontecchio ipotizza la necessità dell’inserimento all’interno degli enti parco non solo di rappresentanti della scienza, ma anche di rappresentanti del ministero dei Beni Culturali. Per la competenza di quel ministero riguardo al paesaggio e insieme per la presenza, all’interno dei confini dei Parchi Nazionali italiani, di numerose emergenze architettoniche, storiche, archeologiche.

    Una cosa è certa: i Parchi Nazionali da soli, nella situazione in cui oggi si trovano, non potranno mai contribuire efficacemente a quell’inversione di rotta auspicato con grande lucidità dall’articolato della Carta di Fontecchio. Da soli i Parchi non ce la faranno a uscire dalla marginalità alla quale il cinismo della politica e l’ottusità burocratica li hanno costretti fin dal momento della loro nascita. Occorre una alleanza strategica “dal basso”. Il ruolo dell’associazionismo ambientalista dovrebbe essere quello di renderla possibile e praticabile. Bisogna che ogni area protetta venga trasformata nel punto nodale e apicale di una rete che coinvolge e avvolge l’intera geografia naturale del paese, anche se con diverse modulazioni.
    In gioco non c’è solo la sopravvivenza dei singoli parchi o della bio-diversità che essi difendono. Non temiamo di affermarlo, pur senza compiacenze melodrammatiche: in gioco, a ben vedere, c’è il destino dell’intero Pianeta. La nostra casa comune.

  2. 6

    La natura non è spettacolare né appetibile e deve poter essere vissuta gratis. Le uniche regole che. Le servono sono quelle che la proteggono dal degrado o, come si dice oggi: dalla valorizzazione.
    Sono una guida alpina e pagare deve restare solo una delle possibilità ma non dev’essere la regola. La libertà individuale viene prima di ogni forma di economia e dalla natura selvaggia si puó imparare a vivere piú che dalla migliore delle università.
    Se hai la soluzione potevi andare a Fontecchio….
    La pensiamo proprio diversamente.

  3. 5
    jacopo says:

    Caro Marcello ti sorprenderà ma trovo corretto che si paghi per visitare un’area protetta come sento corretto che tutte le attività commerciali che gravitano e lucrino sui Parchi, siano gravati di una tassa speciale per il loro mantenimento…
    Se vuoi andare a gratis visitali fuori stagione: l’ingresso è libero…
    In ogni caso i loro Parchi funzionano, sono luoghi bellissimi, spettacolari, magnifici
    E’ vero, sono super visitati ma questo è un limite del loro successo…

    In Italia sono gratuite le lande desolate del Gran Paradiso, delle Orobie come il parco dello Stelvio…Ma non è che risparmiando il biglietto d’ingresso li rendono più appetibili

  4. 4

    Caro Jacopo (…?), riguardo ai parchi nordamericani ti sei dimenticato di dire che: l’ingresso é a pagamento, che se pisci dietro a un albero i Rangers ti tagliano l’uccello, che ci sono mille regole che limitano la libertà di ogni visitatore intelligente (gli imbecilli ci si trovano benissimo), che nella Monument Valley i Navajos vivono in riserva ed é vietato arrampicare se non dietro pagamento di speciali e costosi permessi, che é vietato praticare il BASE jump, che se sei una guida IFMGA non puoi esercitare la tua professione nei parchi mentre una guida USA iscritta all’IFMGA noi qui l’accogliamo come un amico, che nei parchi americani ci sono villaggi turistici affollati da milioni di turisti paganti e consumisti (i climbers di Camp Four a Yosemite sono odiati dalle istituzioni locali), che i nostri parchi hanno il solo nobile scopo di preservare la Natura mentre quelli USA lo dicono ma non lo fanno, che il concetto di civiltà e libertà nostro é un qualcosa che ha un valore immenso e che spesso ci scordiamo di averlo.
    Per capire il concetto basta viaggiare per i parchi USA (e getta).

  5. 3
    jacopo says:

    Sono felicissimo che si parli di aree protette e parchi sostenibili…
    In Italia purtroppo si è sempre confuso il Parco con la Riserva naturale: non si è mai capito la differenza tra protezione di animali e vegetali con l’estetica e la forza del Paesaggio.
    Immaginatevi di essere un turista in visita ai Parchi Nazionali americani: Yellowstone, Yosemite, Monument Valley, Gran Canyon… non sbaglierete un colpo, tutti stupefacenti, bellissimi, emozionanti…
    Provate ora di far la stessa cosa in Italia…spiegate ad un turista perché è riconosciuto parco il Gran Paradiso e non il Monte Bianco, perché sono diventati parchi le Orobie e lo Stelvio e non le Retiche o le Dolomiti (solo per rimanere nelle Alpi) …
    L’esaltazione dell’orrido e del brutto… in Italia territori, abbandonati, dismessi, sconosciuti, hanno la formidabile vocazione di diventare Parco Nazionale..
    Sarebbe ora di invertire la rotta e di dare il giusto valore del Paesaggio

  6. 2

    Hops! La presentazione avverrà il 5 aprile! Mi scuso per la distrazione. C.A.P.

  7. 1

    Grazie a Sandro Gogna che ha voluto pubblicare integralmente l’evento nelle sue varie articolazioni. La carta di Fontecchio, su cui le associazioni hanno lavorato per un intero anno, verrà presentata ufficialmente all’opinione pubblica, alla stampa, al mondo della politica il giorno 5 febbraio nella sala dell’ Enciclopedia Italiana ( Treccani ) a Roma. Carlo Alberto Pinelli, presidente di Mountain Wilderness Italia onlus

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