Le Alpi Oròbie, geograficamente comprese nelle Prealpi Lombarde, hanno un carattere prettamente alpino, con valloni selvaggi e cime di tutto rilievo con grandi arrampicate. La catena corre dalla sponda orientale del Lago di Como (Gruppo delle Grigne) fino a Édolo e al Passo dell’Aprica, cioè fino alla Val Camònica. Praticamente costituiscono la sponda sinistra idrografica della Valtellina e del bacino dell’Adda. Presentano quindi un versante bergamasco a meridione e uno valtellinese a settentrione. Dalla catena s’irradiano, in genere rivolte a sud e a nord, catene secondarie che dividono molte valli ben rilevate. A nord, e da ovest, senza la pretesa di elencarle tutte, ecco la Valsàssina, la Val Varrone, le valli del Bitto di Gerola e del Bitto di Albaredo, la Val Tàrtano, la Valmadre, la Val Cérvia, la Val Venina, la Val Arigna, la Val Malgina, la Val Bondone, la Valle Belviso; a sud, e sempre da ovest, Val Taléggio e Valtorta che confluiscono in Val Brembana, poi la Val Seriana e la Valle di Scalve.
Rifugio Grassi e Pizzo dei Tre Signori
Se guardiamo alle cime, dalla sentinella sul Lago di Como che è il Monte Legnone 2609 m procedendo verso ovest incontriamo il Pizzo dei Tre Signori 2554 m, il Monte Ponterànica Orientale 2378 m; dopo lo stradale Passo di S. Marco ecco il Corno Stella 2621 m, il Pizzo del Diavolo di Tenda 2916 m, il Pizzo di Scais 3038 m, il Pizzo Redorta 3038 m, il Pizzo di Coca 3050 m, il Pizzo del Diavolo 2926 m, il Monte Torena 2911 m, il Monte Gleno 2882 m, il Monte Telenek 2753 m. Distaccati dall’asse principale, sul versante bergamasco, troviamo altre importanti montagne, come il Pizzo Arera 2512 m, il Monte Cabianca 2601 m, il Pizzo Poris 2712 m: anche la Presolana 2521 m e il Cimone della Bagozza 2407 m che però, tradizionalmente, si fanno appartenere alle Prealpi Bergamasche.
Conoscevo poco le Alpi Oròbie. Qualche frequentazione alpinistico-invernale allo Zucco di Campelli, molte arrampicate spesso nebbiose in Cornalba, Cornagiera, Presolana e Pinnacolo di Maslana e soprattutto due visite escursionistiche in Valmadre e in Val Arigna in occasione della stesura del mio libro A piedi in Valtellina.
L’orografia di queste montagne è abbastanza complessa, la vicinanza alla pianura padana non aiuta la nitidezza dell’aria, non ci sono punti panoramici veri e propri al centro di valli o al cospetto delle vette. Una prima gita la feci d’inverno al Monte Ponterànica: con Alberto Sorbini, Paolo Gerli e Barbara ci recammo a Pescegallo in una domenica di tempo discreto, solo per trovarvi due corsi di scialpinismo con la nostra stessa meta, una folla di almeno 80 brianzoli! Faceva un freddo boia, la vetta scialpinistica era stretta, scomoda e ventosa: le Alpi Oròbie non apparivano molto amiche mentre faticosamente cercavamo di non urtarci sulla cima precipite. Se, nell’esternazione dei propri individualismi, già la salita era stata condotta disordinatamente con più tracciati di quanti l’orografia permettesse, figuratevi cosa fu la discesa. Qualche tempo dopo andai con moglie e figlia a visitare gli impianti sciistici di Pescegallo e salii il Monte Valletto (Cima di Salmurano). Poi, un giugno, salii da Intròbio lungo la Val Biandino fino al rifugio Tavecchia. Da qui al Passo del Camisolo e al rifugio Grassi. Dopo un’inconcludente tramonto dalla vetta della Cima delle Miniere, e una quieta notte al rifugio Grassi, la mattina mi avviai verso il valico dei Vaghi di Sasso e poi oltre fino alla Bocchetta Alta; da qui con saliscendi, per la Grotta del Cardinal Ferrari arrivai alla Bocchetta di Piazzocco e al Pizzo Varrone delle Vacche. Dopo una ripida e avventurosa discesa diretta sul Lago di Sasso, ripercorsi tutta la Val Biandino fino a Intròbio. Non ero per nulla soddisfatto delle fotografie fatte, causa l’insistente foschia, anche se i posti si erano rivelati bellissimi, come tutti i luoghi dimenticati.
Un tempo la barriera opposta dalle Alpi Oròbie agli scambi tra Bergamasca e Valtellina (quindi tra Grigioni e Repubblica Serenissima) era quasi invalicabile. Ancora oggi i passi davvero escursionistici sono pochi e l’unica via di transito era ed è costituita dal Passo San Marco. Nella seconda metà del secolo XVI c’erano molte ragioni politiche e pratiche per favorire l’apertura di un nuovo passaggio: la Serenissima era alleata dei Grigioni e nemica del Ducato di Milano e degli Spagnoli. Non si poteva perciò affidare le comunicazioni all’unica via passante per Lecco. C’era una lunga strada tortuosa e complicata che univa Bergamo, Selvino, Trafficanti, Serina, Cornello, poi raggiungeva l’alta Val Brembana. Da qui con difficoltà si poteva raggiungere quel passo che solo dopo molto tempo si chiamerà di San Marco. La discesa sul versante valtellinese era più semplice, per la Valle del Bitto di Albaredo. Ma quel collegamento non era all’altezza delle nuove necessità. Nel 1592 il podestà di Bergamo, Alvise Priuli, aprì a colpi di mine un nuovo itinerario, molto più diretto, che fu poi chiamato Strada Priula. Questa via funzionò egregiamente per due secoli, poi due fattori ne ridimensionarono l’importanza. Ai primi dell’800 agli spagnoli si erano sostituiti gli austriaci e in più si era al culmine della «piccola glaciazione» con conseguente peggioramento del clima. Oggi restano molti tratti in cui la Strada Priula è conservata, anche se in più punti la moderna carrozzabile si è del tutto sostituita.
postato il 19 agosto 2014
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