Il mio corso di scialpinismo

Il mio corso di scialpinismo (AG 1965-001)
(dal mio diario, 1965)

Lettura: spessore-weight*, impegno-effort*, disimpegno-entertainment**

10 gennaio 1965. Ed eccoci al corso di scialpinismo, prima uscita. In pullman andiamo a Ceva, poi Garessio e alla Colla di Casotto 1381 m, quella che mette in comunicazione la valle del Tànaro vero e proprio con la Val Casotto. Bellissima giornata. Io sono in camicia, gli altri infagottati: la cosa fa ridere Margherita Pàstine, mentre Gianni commenta: – Eh già, tu hai appena fatto il bivacco…! Questa è ormai una delle sue interiezioni.

Sono con Gianpietro Fogliati, ex mio compagno alle scuole medie, e con un certo Martini. L’istruttore è Antonio Cevasco, quello famoso del rifugio Zanotti. Corre fama che Cevasco sugli sci sia infaticabile. Altri istruttori sono: Gianni Calcagno, Luigi Felolo (vice-direttore), Gianni Pàstine (direttore), Carlo Sabbadini, Giuseppino Grisoni e altri con mansioni non ben specificate. Ci sono anche alcuni di Sampierdarena, che dovranno aprire la pista. La meta è la Cima Berlino 1789 m. A un certo punto Cevasco, soprannominato “u Nonnu” ci fa deviare su per un pendio ripidissimo. Così facciamo pure la direttissima. La mia andatura è tirata, il povero Martini molla e ci segue come può. Cevasco mi dice di andare più piano. Raggiungiamo quelli di Sampierdarena, tra i quali sono anche i due fratelli Montaldo. Secondo me ora siamo sotto la vetta, però i Montaldo continuano dicendo che la cima è più in là.

E arriviamo così, su una neve spettacolosa, sulla vetta di un monte che secondo me è un altro. Infatti tutti gli altri gruppi vanno in vetta all’altra cima. E così ci rimettiamo gli sci e andiamo agli altri. Sono circa le 12.30, e siamo quindi a 1789 m. La discesa la faccio malissimo, per il motivo che non sono capace di sciare, però scendo alla stessa velocità degli altri e ciò suscita la sorpresa di Cevasco. Gianni conosceva già i miei metodi. Intanto gli altri, su quella neve, fanno un sacco di cadute: e ogni volta ci vuole un mucchio di tempo per rimettersi in piedi.

Arriviamo così al pullman, alla Colla di Casotto. Qui, su una specie di pista, imparo approssimativamente lo stem-cristiania, che vedrò di perfezionare. Poi scendiamo a Casotto in sci, sulla strada carrozzabile, su quei pochi cm di neve ai lati. Naturalmente siamo in pochi ad averne ancora la forza: tra gli altri ci sono Gianni Calcagno, Giuseppino, Lorenzo Bonacini. In tutto sette od otto.

La Val Casotto

A casa ho poi controllato, cooncludendo che abbiamo sbagliato vetta. Non siamo stati sulla Cima Berlino, bensì sulla Cima del Prajetto 1942 m. La Cima Berlino è più bassa e più vicina alla Colla di Casotto. Quanto alla vetta supplementare fatta da noi, cioè il gruppo Cevasco e quelli di Sampierdarena, si chiama Monte Mussiglione 1942 m. Ho riferito l’errore a Gianni Pàstine e a Luigi Felolo, e hanno dovuto darmi ragione. Infatti, tra tutti gli istruttori, solo Carlo Sabbadini credeva di sapere qual era la vetta. Morale: la prossima volta non succederà più che gli istruttori non conoscano qual è la meta da raggiungere…

24 gennaio 1965. Il corso di scialpinismo continua. Siamo andati in Appennino sul Monte Ajona, vicino al Monte Penna in Val d’Aveto. Bellissima montagna, a nord presenta una parete fantastica di neve e roccia, adatta anche a qualcosa di più che un’esercitazione. Il mio Istruttore questa volta è Luigi Gino Felolo, gli altri due allievi del nostro gruppo sono simpatici, specialmente Giovanni Scabbia, che tra l’altro si è iscritto anche al corso di alpinismo 1965.

Tempo magnifico, ma le mie pelli di foca fanno le bizze. Per un po’ vado con una sola, poi quando il pendio si drizza mi risolvo a fermarmi per reincollarla con un’altra colla. Dopo un bel po’, quando tutti mi sono passati davanti, posso ripartire. Dopo aver risorpassato tutti, con marcia potente raggiungo Gino e gli altri due mentre si tolgono gli sci per mettere i ramponi. Siamo in una specie di conca ripida, dalla quale partono alcuni canali e crestine verso la vetta. Bellissima è la cresta che noi vediamo sull’estrema sinistra, il cosiddetto Costolone Centrale (it. 21a della guida di Euro Montagna). Euro descrive come belli e interessanti i due canaloni ai lati del costolone. Noi vediamo bene solo quello di destra (sinistra idrografica), e a destra di questo ci sono altri canalini che finiscono tutti sulla cresta nord-ovest, da Euro indicata come via di discesa. In alto, sulla crestina, si vede perfino una cornice. I gruppi vanno per vie diverse e Felolo tira su per il canalone più breve, in modo da raggiungere la cresta nord-ovest il più presto possibile. Neve dura, alcuni passaggi molto interessanti, e poi in vetta a 1692 m, 928 m di dislivello dalla partenza del paese di Gramizza 764 m. Panorama magnifico su Alpi Liguri e Apuane. Discesa agli sci senza storia ma nei colori più entusiasmanti.

Il Lago del Brugneto

A spazzaneve me la cavo a scendere, perché su questa neve lo stem-cristiania non riesco a farlo. Magnifico l’ultimo pezzo, sopra Amborzasco 873 m, il paesetto sopra Gramizza, saltando con gli sci i muretti delle fasce. A Gramizza dobbiamo aspettare i ritardatari che la pattuglia di rastrellamento ha il dovere di raccattare.

7 febbraio 1965. Terza uscita del corso di scialpinismo. In auto fino allo sperduto villaggio di Carrega. Io sono in macchina con Gianni Pàstine e i due Calcagno. Attimi di sospensione quando usciamo dalla Forra del Borbera e ammiriamo le pareti di puddinga. Ho giurato che lì farò tutte le possibili vie. Giunti a Carrega, dopo i preparativi, partiamo. Il mio istruttore è Gianni Calcagno e l’altro allievo è Dino Romano, uno che va benissimo. Dopo i primi duecento metri (fino al castello diroccato siamo saliti tutti assieme), spariamo su a una velocità bestiale e tiriamo su diritti sulla dorsale nord-ovest del Monte Carmo 1641 m (già salita da me il 20 dicembre 1964, a piedi). La neve è durissima, con pendenza forte. Le voltate da fermo sono all’ordine del minuto, ma da un certo punto tiriamo diritto fino alla cima senza più voltare. Ore 10.30, poco meno di due ore per fare 600 metri (e avremmo impiegato anche meno se non fosse stato per i primi 200 m dietro agli altri). Gianni Pàstine aveva dato istruzione che non si arrivasse in vetta con gli sci: noi siamo stati i soli a disobbedire…

Aspettiamo un po’ che arrivi qualcuno, poi ci stufiamo e scendiamo sul versante est per fare un po’ di scuola di ghiaccio. Qui imparo altri rudimenti di ramponi e piccozza. Facciamo anche delle scivolate sulla piccozza e vediamo con piacere che le regge. Ci soffermiamo così tanto in questi esercizi che poi ci accorgiamo che gli altri sono arrivati in cima ma anche ripartiti. Perciò scendiamo anche noi. Discesa spettacolare, con neve magnifica, fino alla piazzetta della chiesa. Alla Costa della Ripa, le pareti di puddinga viste al mattino, Gianni Calcagno ed io chiediamo di fermarci un momento, solo per fare una piccola ricognizione.

In salita verso il Monte Antola. Foto contemporanea.

10 febbraio 1965. Non mi perdo il campionato d’istituto di corsa campestre. Quest’anno siamo in 149, divisi in cinque batterie, e la corsa è al Parco Serra, assai vicino al nostro liceo Cassini. Parto con la prima batteria e arrivo decimo. Concludo che la corsa non fa per me, troppo veloce e breve (1000 metri circa), troppo senza asperità. Vince Salvini, lo stesso dell’anno scorso. Poi ci sono Giorello, Cellerino, Picasso. Arrivo circa trentesimo.

7 marzo 1965. Per il corso di scialpinismo siamo alla quinta uscita. Non ho effettuato la quarta perché, pur avendo la sveglia suonato, non sono riuscito a svegliarmi… Colpa dello studio durante la settimana, spesso mi alzo alle tre o quattro di mattina per studiare ciò che non ho studiato il pomeriggio precedente. Con la quinta gita avrebbe dovuto iniziare la serie di uscite con pernottamento fuori, nelle Alpi Marittime: ma essendo il 5 mattina nevicato su tutto l’arco alpino, per pericolo di valanghe non si è ritenuto prudente avventurarsi in montagna. Abbiamo così ripiegato sull’Appennino. Peccato per la quarta uscita: sono andati nelle Liguri, ad Artesina, Colla Bauzano, Monte Mondolé, Colla Bauzano, Cima Durand, rifugio Castellino, Artesina.

Il corso, che in principio aveva circa 30 allievi, ne ha ora solo più una decina, tra i quali oltre a me, Dino Romano, Fascioli, Fogliati, Scabbia e Martini.

Anche questa volta Gianni Pàstine ha messo insieme i più “disperati”: Cevasco, Calcagno, Romano ed io. Da Caprile 994 m partiamo come fucilate e in un attimo non ci vede più nessuno. Il resto del corso, con tutti gli aggregati, salirà il Monte delle Tre Croci, scenderà fino quasi a Reneuzzi e salirà al Monte Antola. Noi invece: Monte Pio di Brugneto 1530 m, Monte Carmo, discesa su Fontanachiusa, Magioncalda, salita al Monte delle Tre Croci 1565 m e infine il Monte Antola 1597 m. Presto ci raggiunge Augusto Martini. Alle Capanne di Carrega 1367 m ci riposiamo un po’. La neve è schifosa, perché umida e abbondante. In compenso l’andatura è spaventosa. In cima al Carmo incontriamo (extra corso) anche Giorgio Vassallo e Chicco. Sempre a velocità paurosa, dopo la triste discesa sulle Capanne di Carrega (con questa neve non parliamo neppure di Magioncalda e Fontanachiusa), su un terreno a falsopiano, tipo gara di fondo, superiamo il Monte delle Tre Croci e arriviamo in vetta all’Antola. Discesa al rifugio Musante, dove sono anche gli altri. Discesa senza storia a Caprile, però divertente.

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Il mio corso di scialpinismo ultima modifica: 2018-01-22T05:06:02+01:00 da GognaBlog

2 pensieri su “Il mio corso di scialpinismo”

  1. 2
    dino romano says:

    Ciao Alessandro,

    sono Dino Romano mi ha fatto piacere leggere questi bei ricordi, e rivivire l’entusiasmo di quei giorni. Eri davvero un giovane entusiasta e si percepisce dal tuo bellissimo racconto, ricco di particolare compreso quello della piccozza.

    Bravo

    Dino Romano

  2. 1
    FRANCO PECCHIO says:

    vediamo se sono ancora fattibili queste gite, a vedere le altezze forse non più, ma, magari, quest’anno…

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