4 pensieri su “Nuovo Bidecalogo punto 7. Le fonti di energia rinnovabile”

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    Alessandro Gogna says:

    Caro Daniele, sono molto contento delle tue precisazioni, evidentemente fatte da uno che ci lavora. Ben vengano. Sappi solo che io mi riferivo al fatto preciso che, nel Punto 7, il CAI NON accenni a questa problematica. Avvertivo semplicemente che il CAI dovrebbe spingere perché di questi studi se ne facciano sempre di più, sempre più accurati e li si tenga aggiornati; ma soprattutto si faccia uno sforzo perché vengano resi noti.
    Il problema delle autorizzazioni non c’entra nulla, è ovvio che per fare una diga sia stato fatto uno studio… Ma ammetterai che, se una diga è stata costruita negli anni Trenta, forse bisognerebbe rendere obbligatorio un controllo serio. E il CAI può, se vuole, spingere in questa direzione e non può dimenticarsene (come ha fatto) nella stesura del Nuovo Bidecalogo.
    E non dimenticare che la mia osservazione si riferisce solo alle frane eventualmente incombenti sui bacini, proprio perché nel Punto 7 è di questi che si parla. Perciò, al fine di un giudizio generale sul post, a nulla serve spostare l’attenzione sulle frane in generale.

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    Quando i fatti parlano, parlano in questa maniera: c’è una diga li, c’è una frana sopra, non c’è nessuno studio e nessun monitoraggio, andando a prendere le documentazioni a riguardo; i fatti non parlano con “in genere” ma “nello specifico”. Scusami se mi occupo quotidianamente di impianti di derivazione idroelettrica, sorbendomi migliaia di pagine di relazioni geologiche forse qualcosina ne so. Poi possiamo discutere se sono fatti bene o male, se sono più o meno appropriati, etc etc etc., questo può essere benissimo argomento di discussione e dialettica anche molto aspra.
    Ho riletto il decalogo e il punto 7, in nessun punto si parla di mancanza di studi, piuttosto si parla nei punti precedenti di partecipazione alle procedure di autorizzazione dove, in tanti anni, in quelle casualmente che mi è capitato di vedere, non ho mai visto il sodalizio (cui appartengo da molti lustri) presente, ma può essere stato un caso.
    Pompei è uno scandalo nazionale, vero, che non ha nulla a che vedere con la gestione delle dighe. Fare una diga senza studi geologici è contro la legge, se si afferma che non sono stati fatti si devono prendere le carte ed andare in procura. Anche in termini generali, magari non si sa che esistono progetti come i piani di bacino o IFFI
    http://www.isprambiente.gov.it/it/progetti/suolo-e-territorio-1/iffi-inventario-dei-fenomeni-franosi-in-italia
    che non studiano i versanti non solo sulle frane, ma sull’intero territorio.
    Poi se nel bacino y nella regione z esiste una frana che il gestore non ha visto può anche essere, ma il sistema e iul quadro conoscitivo di oggi non è certo quello del 1963. Ma il post messo su facebook e secondo me molto fuoriviante rispetto alla realtà quotidiana.
    E’ venuto fuori anonimo per un errore in un mio click.

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    Alessandro Gogna says:

    Non viene affermato con certezza che gli studi non vengono effettuati: viene affermato che il CAI non vi fa cenno. In ogni modo, caro anonimo, sono i fatti che parlano, questo genere di studi in Italia (il paese che lascia andare in malora Pompei) non sono all’ordine del giorno.

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    Anonimo says:

    In base a cosa viene affermato che questi studi non vengono effettuati ?

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