Oltre a Selvaggio Blu

Oltre a Selvaggio Blu
L’Anello Boladina-Ferrata di Goloritzé

Sebastiano Cappai è felice: dice che il 1° aprile 2015 non verrà più ricordato come sa die de sas brullas (il giorno delle burle), ma come il giorno in cui a Baunei è risorto S’Iscalone de Boladina. Ed erano ben 100 anni che mancava all’appello.

S’Iscalone de Boladina. Foto: S. Cappai
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Questa importante opera di ingegneria pastorale permetteva un comodo transito a uomini e animali sino ai primi del ‘900. Dalle regioni di Cuccuru Albu, Piredda, Serra Maore, Serra ‘e Lattone si scendeva sino a Goloritzé, dove era possibile reperire preziosa acqua: dopo la sua distruzione causata da una rovinosa frana, non era stato più praticato.

Poi, in tempi ben più recenti (cominciando dal 1987), Mario Verin e Peppino Cicalò riescono a coronare il sogno di collegare tra loro i sentieri esistenti, le tracce e i frequenti salti rocciosi al fine di percorrere nel modo più logico possibile il tratto di costa sarda tra Baunei e Cala Sisine. Nasce così Selvaggio Blu, un percorso tra i più meravigliosi e amati al mondo.

Selvaggio Blu evita, nel suo terzo giorno di percorso, il tratto immediatamente vicino al mare tra Cala Goloritzé e Punta Mudaloru. In pratica evita completamente il bosco di Ispuligidenie, Punta Ispuligi e Cala Ispuligidenie (anche chiamata Cala Mariolu). Non che la coppia sardo-fiorentina non vi fosse passata, anzi. Ma i due avevano giudicato alcuni tratti non compatibili con il resto: per omogeneizzare era necessario “ferrare” qualche tratto.

Da Punta Salinas uno sguardo sull’Aguglia, sulla Cala Goloritzé e sul tratto di costa verso Cala Ispuligidenie
Panorama su Aguglia di Goloritzé, Supramonte di Baunei, giro di Punta Salinas e Cuile Irbidossili

Nel 2001 Sebastiano Cappai e amici avevano aperto (tra l’altro in senso contrario a Selvaggio Blu) il percorso denominato Trek delle 7 Cale, con l’obbiettivo di percorrere la costa senza staccare mai lo sguardo dal mare. Ma le notevoli difficoltà non hanno fatto decollare questa idea, rimasta quasi lettera morta.

Lo stesso Cappai riconosce: “la realizzazione dell’ultima tappa del Trek delle 7 Cale mi aveva portato al confronto con uno dei territori più ostici di tutto il Supramonte, i precipiti canaloni di sabbioni misti a ghiaia che costituiscono l’entroterra che circonda le tre cale di Goloritzé. Ho dovuto spesso scavare per ottenere delle labili tracce dove posizionare una parte della suola degli scarponi, ed infatti le ripetizioni di questa tappa si contano sulle dite di due mani poiché molti passaggi risultavano impossibili da proteggere”.

Sulle tracce loro, anche Antonio Cabras della Coop Goloritzè, e i ragazzi della Explorando Supramonte si erano affannati alla ricerca di un passaggio logico. Ma avevano ceduto di fronte al tabù del tratto ferrato.

Finché nel maggio del 2013 Luca Gasparini e Marcello Cominetti (guida alpina), individuarono un punto, probabilmente già individuato dai predecessori, che con poco più di 30 m di arrampicata risolse il collegamento tra i sentieri per poter unire Cala Goloritzé a Cala Ispuligidenie, senza quindi risalire la gola di Boladina e percorrere la Serra e’ Lattone.

Il tratto di arrampicata, però, era tutt’altro che facile, sicuramente impraticabile per un escursionista anche esperto, quindi nel giugno del 2014 Marcello Cominetti, con Mario Muggianu e Claudio Calzoni della Explorando Supramonte-Grotta del Fico (coadiuvati da Nicola Collu), hanno attrezzato il famoso passaggio proprio sotto al Culu ‘e Saltu con 30 m di cavo e qualche gradino. Utilizzando alcuni tronchi in ginepro per rendere più agevole il passaggio in onore alle tradizioni pastorali locali, ora il tratto verticale è percorribile con kit da via ferrata (consigliato) e presenta una difficoltà tecnica non superiore a quella originaria del resto dell’itinerario Selvaggio Blu pur essendo di estrema spettacolarità per la notevole esposizione dei passaggi che però sono ben assicurati.

Marcello Cominetti: “Non nascondo che nell’attrezzare questo passaggio ci siamo posti molti interrogativi di carattere “etico” legati prima di tutto alla condizione unica che gode questo eccezionale territorio dal punto di vista estetico e ambientale, e in secondo luogo all’essenza che il sentiero Selvaggio Blu si è guadagnato negli anni, grazie proprio alle prerogative di poc’anzi. Crediamo di avere fatto un buon lavoro aprendo una possibilità senza offendere nulla e nessuno ma consapevoli del fatto che per preservare totalmente un luogo sarebbe meglio non andarci. Ci auguriamo che i frequentatori futuri siano intelligenti e rispettosi come lo sono quasi sempre stati da queste parti, sicuramente sostenuti e intimoriti da una natura così prepotentemente bella”.

In rosso, il tracciato della Via Ferrata. Da Cala Coloritzé (a sin.) si sale per le frane di Su Ledere ‘e Goloritzé, poi si traversa fino al ben riconoscibile spigolo di 30 m della Via Ferrata. In giallo, il tracciato della Variante alta. Foto: S. Cappai
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Ora Su Ledere ‘e Goloritzé è meno impervio di prima ma resta ben lungi dal potersi considerare un normale sentiero, semplicemente perché non lo è affatto. A dispetto del tratto ferrato, conserva tutta la sua problematicità.
Questo percorso, che ormai possiamo chiamare Ferrata di Goloritzé, si propone come variante a Selvaggio Blu, aprendo la percorrenza del lungo tratto costiero tutto sospeso sul mare di Ispuligi fino ai grottoni che precedono Bacu Mudaloru, in corrispondenza della calata in corda, dove i due itinerari si ricollegano.

Lo spigolo di 30 metri della via Ferrata
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E siamo giunti così al 1° aprile 2015 quando viene sistemato l’ultimo tassello nel Bacu Boladina. Questa volta il gruppo è nutrito: oltre a Sebastiano Cannas, sono presenti Gianni Cannas, Sergio Soro, Matteo Cara, Roberto Ciabattini, Italo Chessa, Mario Calaresu, Enzo Battaglia e naturalmente i padroni di casa, Giampietro Carta (Trekking Margine), Salvatore Piras (Salinas Escursioni) e Sandro Murru (Explorando Supramonte-Grotta del Fico).

Sullo lo spigolo di 30 metri della via Ferrata
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Il Bacu Boladina è precisamente quello che Selvaggio Blu risale allo scopo di evitare Su Ledere ‘e Goloritzé. La “resurrezione” de S’Iscalone de Boladina permette di scendere senza l’uso della corda per il Bacu Boladina fino a confluire al Bacu Goloritzé e all’omonima e famosa cala (quella con l’Aguglia di Goloritzé).

Tra i tanti possibili collegamenti che S’Iscalone de Boladina consente, uno in particolare risulta molto accattivante: permette infatti di realizzare un bellissimo anello che include la Ferrata di Goloritzé.

L’anello Boladina-Ferrata prevede di raggiungere in auto dal Golgo la sella di S’Arcu‘e Piredda 425 m. Da qui alla sella di S’Arcu‘e Su Tesaru. Si scende ora per il vallone chiamato Bacu Boladina (superando il recentemente ricostruito S’Iscalone de Boladina), poi si raggiunge Cala Goloritzé. Da qui si prosegue per l’impegnativa Su Ledere e quindi si traversa fino allo spigolo di 30 metri della Ferrata. Si prosegue ora (per le tracce del Trek delle 7 Cale) sino ad intersecare l’evidente sentiero turistico, recentemente ristrutturato, che risale ripido da Cala Mariolu sino alle creste di Serra ‘e Lattone poste a quasi 600 metri di quota.

Superato lo spettacolare Iscalone di Ipuligidenie posto sotto l’arco di roccia omonimo si giunge alle creste sommitali raggiungendo ancora il tracciato di Selvaggio Blu. Seguendolo a sinistra si discende raggiungendo gli antichi ovili di S’Arcu ‘e Su Tesaru e la sella di S’Arcu‘e Piredda da cui si è partiti.

S’Iscalone de Ispuligidenie
Anello-Boladina-Ferrata-S'Iscalone de Ispuligidenie

L’iniziativa non ha mancato di sollevare questioni di vario genere. Tra le reazioni più significative riporto integralmente quella di Mario Verin:

Premessa
Sono assolutamente contrario alle vie ferrate.
Quando con Peppino Cicalò aprimmo
Selvaggio Blu negli anni ’80 avevamo un’idea diversa e, in accordo con l’allora sindaco di Baunei, pensavamo a un sentiero percorribile da tutti senza l’utilizzo di corde.
Oggi il contesto è cambiato, il fascino di
Selvaggio Blu è anche la sua difficoltà, fortemente voluta dalle guide del luogo che non lo vogliono segnare in nessun modo. Tuttavia, in contraddizione con questo intento, sono stati attrezzati alcuni tratti con corde fisse e catene (a mio avviso senza necessità).

La Via Ferrata
Conosco, anche se non l’ho ancora percorsa, la variante aperta dall’amico Marcello Cominetti, guida alpina di grande esperienza, il primo a condurre escursionisti su Selvaggio Blu già dagli anni ’80, quindi un grande conoscitore della zona. Ne avevamo parlato più volte, perché anch’io e Peppino Cicalò l’avevamo valutata e a suo tempo scartata perché considerata troppo pericolosa. Mantengo tuttora questa convinzione in quanto la nuova ferrata attraversa una zona di grosse frane (Su Ledere ‘e Goloritzé). E anche da un punto di vista estetico, a parte la suggestiva esposizione iniziale, trovo che sia poco interessante, perché si inoltra dentro un bosco e lo percorre per 3 km, perdendo uno dei tratti più belli e panoramici di Selvaggio Blu, la cresta di Serra e’ Lattone.  

Boladina
Il
passaggio di Boladina (circa 15 metri di parete, IV grado) fino a oggi veniva affrontato solo in salita dagli escursionisti che percorrevano Selvaggio Blu. È pericoloso, in quanto l’intaglio della parete è l’imbuto di un canale che scarica sassi. Il fatto di velocizzare la salita ripristinando l’antica scala fustes (tronco di ginepro gradinato) è dunque positivo, anche perché è un punto dove già oggi ci si affolla e si può perdere molto tempo se ci sono più gruppi. Quello che invece a mio avviso è negativo, è che lo scopo dichiarato per cui è stata ripristinata la scala fustes di Boladina (S’Iscalone de Boladina) è quello di affrontare il passaggio nei due sensi, cioè scendere dall’alto su Goloritzé e fare l’anello con la nuova ferrata. Questa situazione diventa molto pericolosa per chi è in basso e non può in alcun modo prevedere se c’è qualcuno sopra che sta scendendo.

Il mio timore, in entrambi i casi, è che si prenda poco in considerazione la sicurezza.

Per approfondimenti, oltre a consigliare la lettura de Il libro di Selvaggio Blu, di Mario Verin e Giulia Castelli, Edizioni Enrico Spanu, 2013, riportiamo qui in integrale il documento di Sebastiano Cappai sull’Anello-Boladina-Ferrata.

S’Arcu de Ispigedidenie
Anello-Boladina-Ferrata-Arco Ispuligidenie

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Oltre a Selvaggio Blu ultima modifica: 2015-06-04T07:00:58+02:00 da GognaBlog

4 pensieri su “Oltre a Selvaggio Blu”

  1. 4

    L’idea che mi faccio (ma non conosco direttamente) è che si tratta di qualche cavo ferrato; qualcosa di forse paragonabile a qualche metro di sentiero atrezzato sulle Marmarole;

    quindi non ci vedo sto dramma, rispetto invece ai problemi di iperfrequentazione: i racconti di chi ha fatto il famoso percorso, mi hanno sempre fatto pensare che non vorrò mai fare qualcosa del genere e quanto dici, Corrado, conferma i racconti che mi hanno fatto.

    Mi sento d’accordo sulla tua frase:
    “la pressione antropica sul sentiero più famoso della Sardegna andrà necessariamente alleggerito”

  2. 3
    Alberto Benassi says:

    con i problemi elencati da Corrado ritorna fuori il concetto di Montagna (natura) usata invece che vissuta.

  3. 2
    Corrado Conca says:

    Non entro nel merito della questione “ferrate si o no” perché ogni sostenitore o detrattore ha le sue buone ragioni, però in merito alle ipotizzate alterazioni dello spirito originario del Selvaggio Blu ci sarebbe molto da dire. Cercherò per ovvi motivi di essere sintetico.

    Non possiamo continuare a pensare che qualunque intervento (o relazione o descrizione) si faccia in quel tratto di costa sia necessariamente da mettersi in relazione al SB! Il territorio di Baunei è vastissimo, i sentieri sono innumerevoli e la pressione antropica sul sentiero più famoso della Sardegna andrà necessariamente alleggerito. Per questo ben vengano nuove proposte che portano “altrove”!

    La ricostruzione dello scalone di Boladina va vista come il ripristino di un luogo storico, nulla più. La realizzazione della ferrata io la vedo come l’apertura di un nuovo percorso, non come una variante, non come una alterazione…
    Si trascura infine il fatto che, tolte eventuali regolamentazioni, i sentieri sono da sempre stati dei luoghi a doppio senso di marcia. Da sempre la Boladina viene percorsa anche in discesa (fino a ieri con le corde) e non mi pare che – pure con la pietraia di un tempo – sia mai stato un luogo di tipico intervento del Soccorso, figuriamoci oggi che è stata interamente pulita.

    I problemi di quel territorio sono altri, sui quali temo ci troveremo a parlare presto: la frequentazione sempre più estesa ad escursionisti inadatti (troppo assistiti nella logistica) e maleducati sta modificando i luoghi in maniera impattante. Alcuni luoghi “campo” vedono annualmente il ridursi della vegetazione (annualmente tagliata per i fuochi), alcuni cuili hanno rischiato di bruciare per sempre a causa di incuria e inciviltà, è così via. Amministratori e guide locali sono purtroppo al limite della sopportazione e quotidianamente devono intervenire per far spegnere fuochi in spiaggia o bloccare altri piccoli-grandi scempi. Anche chi ha sempre lavorato correttamente e con rispetto inizia ad essere squadrato da qualcuno come lo “straniero” che disturba e distrugge.

    Non la voglio far lunga, ma a me pare che ci siano problemi ben più sostanziali da risolvere che banali questioni legate al concetto di “variante” o a due tre cavi che hanno reso più sicuro e scorrevole qualche passaggio (a scanso di equivoci: non messi da me!).

  4. 1

    Assolutamente d’accordo con l’amico Mario. Ma tanto, dato che noi siamo arrampicatori, la nostra mentalità e’ destinata ad essere considerata elitaria, quindi rappresentante di una minoranza destinata a soccombere.

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