Rischio e rischio residuo lungo le vie e i sentieri di comunicazione 1

L’Ordine degli Ingegneri della provincia di Trento, in collaborazione con il Collegio degli Ingegneri, ha organizzato il convegno dal titolo Rischio e rischio residuo lungo le vie ed i sentieri di comunicazione, che si è tenuto il giorno 6 giugno 2014 alle ore 14.30 presso la sala di rappresentanza del Palazzo della Regione (P.zza Dante – Trento).

Il convegno ha affrontato la tematica relativa ai rischi connessi alla percorribilità dei sentieri di montagna e delle viabilità stradali minori dove in genere l’attività di prevenzione è limitata od assente per le poche risorse disponibili. Gli aspetti trattati hanno riguardato il rischio legato alle azioni soggettive nel percorrere una ferrata, un sentiero, una strada e il rischio legato ad eventi esterni con specifico riferimento alla caduta di sassi o franamenti. Sono stati presentati esempi concreti di interventi di  prevenzione eseguiti su vie ferrate, sentieri e strade nonché interventi di riparazione. E’ stato affrontato l’argomento relativo ai provvedimenti di chiusura e di riapertura del sentiero/via di collegamento sotto l’aspetto delle responsabilità civili e penali. E’ seguito un dibattito che ha coinvolto soggetti fruitori, tecnici e gestori delle vie di comunicazione.

Rischio e rischio residuo lungo le vie ed i sentieri di comunicazione
Sequel al convegno
di Massimo Viola (avvocato), Trento, 10 giugno 2014

Nella prima relazione (ing. Luca Biasi – SAT) la necessità di una stretta correlazione fra prevenzione della responsabilità e necessità di un controllo costante (attuato mediante il concreto pattugliamento) delle strutture viabilistiche di tipo escursionistico è stata opportunamente messa in evidenza.
Analogamente è stata evidenziata la necessità che l’organizzazione generale e la concreta gestione del sistema volto al controllo e alla manutenzione delle strutture alpinistiche prenda le mosse da dati obiettivi: non solo quelli relativi agli incidenti, ma pure quelli ricavati dall’osservazione del comportamento degli utilizzatori di dette strutture.

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Nella seconda relazione (ing. Volkmar Mayr – PAB) la necessità di adottare un sistema di gestione, in conformità a un modello organizzativo e gestionale di riferimento, quale (tendenzialmente unico) strumento per mitigare il rischio a livelli di assoluta residualità è risultata, non solo confermata, ma se ne è pure avuto un riscontro applicativo concreto (attraverso l’illustrazione del sistema di fallrock management risk adottato in provincia di Bolzano, basato sui principi del monitoraggio e della revisione costanti).

Nella terza relazione (dott. geol. Daniele Sertorelli – libero professionista), attraverso l’illustrazione di un caso “limite”, tutte le problematiche che il convegno si proponeva di affrontare e i principi riaffermati – quanto a validità – dalle prime due relazioni sono venute prepotentemente in evidenza, mettendo a dura prova la tenuta delle opinioni sostenute dai successivi due relatori; quelli “togati”.

Perché, nel caso del sentiero di accesso all’eremo di S. Cecilia (Volano –TN), si tratta di un caso limite? Perché non si è in presenza (almeno originariamente) né di un sentiero alpinistico/escursionistico né di un sentiero stradale in senso proprio.

I cosiddetti sentieri della devozione (ovvero quei sentieri che adducono unicamente o prevalentemente a mete di carattere religioso e non propriamente alpinistico) subiscono infatti una percorrenza che ha caratteristiche di transito ma non di escursione, pur trattandosi, in molti casi, di sentieri impervi ed accidentati.

Via ferrata Giulio Gabrielli alla Cima d’Asta
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Il rischio di cadute di pietre, lungo questi sentieri (in particolare lungo quello che conduce all’eremo in questione), presenta quindi caratteri peculiari che pone – a ragione – non pochi dilemmi in capo alle amministrazioni locali che si trovano a dover gestire – dal punto di vista della sicurezza e dell’ordine pubblico – dette strutture; in primis a causa della mancanza di una normativa di riferimento.

Il caso di specie è poi stato risolto, nei fatti, causa un’imponente frana avvenuta alcuni anni orsono, mediante la trasformazione del sentiero di accesso in una vera e propria struttura alpinistica (sentiero con un tratto attrezzato), riservata quindi non a tutta la comunità dei Christi fideles locali, ma solo a coloro i quali, alle finalità religiose, necessariamente aggiungono finalità (e capacità) alpinistiche, o comunque di escursionisti esperti. Per la rimanente popolazione le celebrazioni sono state spostate al Prà dele Strie (ovvero un prato ai piedi del sentiero per raggiungere l’eremo), oppure nel paese di Volano.

Rimane la peculiarità del caso proprio sotto il profilo della tematica del rischio residuo e della sua coincidenza con il rischio accettabile.

Notevole risulta infatti essere lo sforzo compiuto nel caso di specie per giungere a delimitare il più possibile l’area di rischio che deve essere gestito.
Sotto questo profilo, a mio modesto parere, del tutto condivisibile risulta essere l’operazione preliminarmente compiuta, ovvero quella della delimitazione della posizione di garante in capo all’Amministrazione preposta alla gestione dell’opera viabilistica minore o escursionistica in senso improprio di cui si tratta.

Nessun obbligo generalizzato e indifferenziato di garanzia può in concreto ipotizzarsi rispetto ad eventi così imponenti (frana dell’intero versante) che, con ogni evidenza, sfuggono anche ai più banali criteri di prevedibilità ed evitabilità con riferimento ad un opera viabilistica come quella considerata (tenuto conto della percorrenza che essa presenza, delle sue finalità, della sostanziale immodificabilità del percorso, etc…).

Come giustamente osservato, in casi come questi, non spettando all’Amministrazione un siffatto obbligo, la presenza di un contratto di consulenza in materia geologica così come un contratto di appalto di manutenzione non potrebbero certo sortire l’effetto di modificare – ampliando il contenuto dell’obbligo – la posizione del garante e/o spostarne il ruolo – con obblighi più aggravati – in capo al consulente o all’impresa appaltatrice delle opere.

Parimenti mirabile risulta essere l’attività di analisi computerizzata del versante, attuata mediante appositi software, volta alla ricerca delle zone a maggior rischio di caduta pietre. Si tratta ovviamente di proiezioni di natura probabilistica, ma che danno visivamente un quadro della situazione ed una sicura base di calcolo per l’individuazione del rischio. Ciò però, come già evidenziato (e come ribadito durante l’intervento del dott. Carlo Ancona), non vale a far coincidere il rischio residuo con il rischio accettabile.

L’individuazione di tratti più esposti al rischio di caduta massi (da un solo punto di vista statistico), unita all’applicazione della misura di prevenzione della completa ed efficace informazione – in favore degli utilizzatori del sentiero di avvicinamento all’eremo – non è detto che siano attività idonee a far ritenere il rischio residuo (che una persona sia colpita da un masso) come accettabile, sotto il profilo della responsabilità.

Esclusa che la pericolosità “esterna” alla struttura considerata (che dà vita ad un rischio elevato, anche se non gravissimo, “attivabile” dalla sola presenza dell’utilizzatore lungo il sentiero in questione) determini un obbligo di chiusura permanente, dato che la prevedibilità in concreto dell’evento, considerati dati quali la rilevata scarsità di utilizzatori – fatta eccezione per la ricorrenza votiva – e la altrettanto rilevata frequenza di caduta massi, non può far ritenere allo stato la necessità di una tale misura, rimane infatti da considerare che:

Salita a Cima Sternai
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1. si tratta di una struttura assimilabile più a una struttura viabilistica (sia pure di carattere secondario e residuale) che alpinistica, soprattutto nei giorni a ridosso della ricorrenza votiva. Ciò significa che il criterio che deve essere adottato non è quello della possibilità di proteggersi (a opera dello stesso utilizzatore), ma della protezione, sia pure relativa e non assoluta;

2. la sola misura dell’informazione (sia pure completa ed efficace) non è detto sia in grado di garantire quel sensibile miglioramento dei livelli di sicurezza che deve essere perseguito – con ogni mezzo ragionevole e concretamente utilizzabile – per far sì che il rischio che permane dopo l’adozione delle misure di prevenzione/protezione imposte – in astratto – dal rischio rilevato, sia effettivamente ed oggettivamente residuale, ovvero non ulteriormente abbassabile/contenibile;

3. solo la scelta, a monte, di un modello organizzativo-gestionale che si rifà al principio del circolo virtuoso(e, quindi, che abbia – ad esempio – come imprescindibile presupposto una raccolta ed un’analisi di dati certi ed obbiettivi: non solo o non tanto relativi agli incidenti ed ai mancati incidenti, ma pure quelli ricavati dall’osservazione protratta nel tempo del comportamento degli utilizzatori di detta struttura e del rischio concreto al quale gli stessi sono stati esposti), unito alla conseguente adozione di un sistema di gestione del rischio specifico, conforme al modello prescelto, che dia garanzia di una completa disamina di tutte –nessuna esclusa – le misure di prevenzione/protezione in astratto applicabili al rischio specifico analizzato, che dia conto delle scelte operate sotto ogni profilo (non ultimo – ma nemmeno l’unico – il criterio economico e/o della “sostenibilità” dell’opera) e ne permetta la “tracciabilità”, predisponendo infine un adeguato (e sostenibile) sistema di monitoraggio ed eventuale revisione delle scelte operate (con l’interposizione di un divieto di percorrenza, in caso di aggravamento del rischio) può effettivamente sperare di far coincidere il rischio residuo con il rischio accettabile.

Si tratta, in ultima analisi, di un’attività estremamente complessa e onerosa, molto più complessa ed onerosa di quella che fino a pochi anni orsono veniva normalmente posta in essere in casi analoghi, i cui profili concreti non sono ancora ben standardizzati; men che meno protocollati.

Pare però che tale attività sia l’unica che permetta effettivamente di intravedere la possibilità di coniugare le esigenze di tutela di beni incomprimibili, quali la salute e la vita, delle quali il sistema giuridico della responsabilità civile e penale è in qualche modo chiamato a farsi carico (a causa della perdurante latitanza di altri sistemi), con quelle di gestione dei rischi legati alla percorribilità dei sentieri di montagna e delle viabilità stradali minori.

Testo relazione Luca Biasi

Testo relazione Volkmar Mair

Testo relazione Daniele Sartorelli

Testo relazione Carlo Ancona

postato l’11 agosto 2014

 

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Rischio e rischio residuo lungo le vie e i sentieri di comunicazione 1 ultima modifica: 2014-08-11T08:00:17+02:00 da GognaBlog

2 pensieri su “Rischio e rischio residuo lungo le vie e i sentieri di comunicazione 1”

  1. 2
    matteo says:

    mi pare che qui si riaffacci lo spettro securitario e regolamentista delle attività in montagna da te paventato qualche tempo fa a proposito di sci alpinismo e scuole CAI…
    A proposito, ci sono state evoluzioni? La petizione o la lettera aperta a Guariniello hanno avuto un cenno di risposta?

    secondo me è veramente inquietante (eufemismo!), leggere nella relazione dell’avvocato Ancona frasi come:
    “Una volta il tema della responsabilità per manutenzione sentieri era dibattuto soprattutto in materia di vie
    Ferrate […] ma gli stessi argomenti, e gli stessi problemi, si possono ed anzi si devono prendere in considerazione per il tracciamento, la gestione e la manutenzione di tutti i sentieri, indipendentemente dalla loro difficoltà”

    “il solo fatto che nell ‘uso del sentiero il praticante abbia riportato un danno costituisce il fondamento del suo diritto; il gestore potrà essere esentato da condanna solo dimostrando che era assolutamente impossibile prevedere”

    Temo che l’unica soluzione, sarebbe seguire il saggio consiglio del Vate:
    “Intanto, come primissima cosa, ammazzeremo tutti gli avvocati. (W. Shakespeare, Enrico VI, parte II, atto IV, scena II)”

    ma purtroppo mi pare poco praticabile!

  2. 1
    Carlo Bonardi - Brescia says:

    Aimè! Siamo in pericolo!

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