SALVIAMO LE APUANE dal più grande disastro ambientale d’Europa

Grazie alla moderna tecnologia, le circa 300 cave di marmo del comprensorio delle Alpi Apuane stanno infliggendo alle montagne il più grave disastro ambientale d’Europa.
Le cave in cresta e gli scarti di lavorazione inquinano le sorgenti e i fiumi, i camion ammorbano l’aria di polveri sottili, le grandi opere (tunnel, viadotti, già realizzati e in progettazione) acutizzano il dissesto idrogeologico, che aumenta geometricamente di anno in anno mettendo a repentaglio la salute e l’incolumità degli abitanti. Circa 9 milioni di tonnellate di marmo prodotte ogni anno, i 3/4 in scaglie destinate all’edilizia e alla produzione di carbonato di calcio con cui fare i dentifrici, sbiancare la carta, realizzare dei paradossali filtri per gli acquedotti, non certo per fornire blocchi a Michelangelo.

Aut Out: un filmato di Alberto Grossi, quindici minuti agghiaccianti

https://youtu.be/clYuGVVVLpo

Bisogna chiudere gradualmente tutte le cave, riconvertendo l’economia del territorio in forme sostenibili.

Salviamo le Apuane è un movimento nato nel 2009 da Facebook che punta a fermare l’ecocidio delle Alpi Apuane. Salviamo le Apuane ha predisposto il Piano Programma di Sviluppo Economico Alternativo delle Apuane (da ora PIPSEA), un’opzione strategica in grado di delineare il futuro economico-sociale sostenibile e la fine della monocoltura del marmo, per l’intero contesto delle Alpi Apuane.

La versione integrale del PIPSEA è leggibile e scaricabile da qui.

Qui di seguito alcune note di filosofia generale alla base del PIPSEA
di Salviamo le Apuane

IMPOSTAZIONE GENERALE
Motivazioni, ambito di intervento
Il documento propone di intervenire sulle due principali cause di alterazione e di emergenza della montagna Apuana, che stanno alla base della necessità di un “salvataggio”, e cioè:
– l’azione di distruzione della montagna da parte di una conduzione impropria delle cave di Marmo;
– l’abbandono progressivo, e giunto quasi al limite estremo, della montagna agropastorale e dei paesi montani da parte della popolazione originaria, col conseguente pericolosissimo abbandono di intere vallate e montagne.

Ex Picco di Falcovaia (un tempo 1283 m.s.l.m.), ora Cava delle Cervaiole (Seravezza)
Secondo l’articolo 142 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio sono AREE TUTELATE PER LEGGE:
– le montagne per la parte eccedente i 1’600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1’200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
– i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi.

cava 6a

Proposta territoriale paesistica, economica e di gestione sociale. Riferimento PIT e PRS
Di fronte a questa situazione la proposta formula precise ipotesi di intervento, che riguardano contemporaneamente il livello territoriale paesistico e quello economico, nonché ovviamente quello sociale partecipativo e delle tradizioni della gestione e del governo della montagna (usi civici). E quindi, in termini di riferimento alle attività della Regione, tanto il PIT (Piano Indirizzo Territoriale), quanto il PRS (Programma Regionale di Sviluppo).

LA RISORSA MARMO
La risorsa marmo e la sua utilizzazione
Il grande bacino marmifero di Carrara in particolare, ma anche altre località Apuane (Orto di donna, Focolaccia, Pizzo d’uccello, Altissimo, Arni e Sella, Forno e Resceto, Vagli, Corchia, …) sono completamente alterati e quasi distrutti, a causa della recente attività di prelievo del carbonato di calcio, un sottoprodotto dell’escavazione del marmo, che è stato ridotto ad una attività secondaria di mascheramento del nuovo prelievo selvaggio. In realtà il marmo è in grave crisi, certamente per la concorrenza internazionale ma anche per lo smantellamento dell’intero comparto da parte degli industriali avidi che hanno esportato l’intero ciclo produttivo (know how compreso), perseguendo sulle Apuane una politica quantitativa e non qualitativa di valorizzazione di un bene unico, come invece avviene in altre località più avvedute.
Oggi il prelievo avviene senza alcuna regola e sta producendo ambienti devastati, molto più simili a miniere a cielo aperto che a cave di marmo, con conseguenze devastanti sulle acque, sul suolo, sulla condizione idrogeologica, per non parlare della rarissima flora, delle grotte e delle acque sotterranee e non ultimo dello stravolgimento paesistico complessivo, un valore trascurato ma invece di grande potenzialità (a questo proposito va fatto notare che recenti studi economici hanno stimato il valore economico dei paesaggi italiani, formulando stime assai più remunerative per i paesaggi rispetto a qualunque altra utilizzazione, e che per le Apuane il confronto sarebbe tra una remunerazione paesistica diffusa e costante negli anni ed un uso distruttivo una tantum).
Si tenga conto inoltre che a valle vi è la città di Carrara che ha già subito alluvioni e anche morti (con i responsabili di fatto impuniti), che è costantemente esposta a pericolo.

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Passo della Focolaccia, 1650 m s.l.m. (Massa-Minucciano). La cava invade anche un SIC

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La questione delle concessioni, i subappalti
A nostro avviso queste devastanti attività sono anche illegittime, in quanto avvengono su proprietà quantomeno comunali se non collettive (Usi Civici) e si dovrebbero svolgere sulla base di concessioni e di convenzioni che dovrebbero regolare modalità di lavoro, di conduzione e di rimessa in pristino o quantomeno di assetto a termine dell’attività di prelievo. La nuova attività di prelievo del carbonato di calcio, che è di fatto di tipo minerario, non è perciò riferibile a concessioni di cava se non con artifici impropri, ma è di fatto del tutto senza regole, operando in maniera selvaggia, distruggendo interi costoni, guglie, e fronti montani, usando l’esplosivo, ma più che altro distruggendo il Bene Pubblico Montagna Apuana senza alcuna norma e rispetto dell’ambiente, sottraendo alle popolazioni un loro bene essenziale, e il loro stesso Ambiente di riferimento e di sopravvivenza, ed inoltre senza nemmeno un minimo compenso monetario dei danni irreversibili che vengono perpetrati. A tutto questo si aggiunga che la piaga del subappalto è ancora ben radicata, così come l’esposizione a rischio per le maestranze impiegate, come dimostrano i numerosi incidenti dentro e fuori la cava-miniera.

Cava a ovest del Monte Corchia

Cava di marmo a ovest del M. Corchia (A. Apuane)
Dunque la questione delle concessioni è centrale e andrebbe totalmente riesaminata sia dal punto di vista delle proprietà, sia dal punto di vista giuridico, sia da quello concessorio, e più che altro da quello della stessa configurazione della nuova attività che non è più un’attività di coltivazione di cava marmifera, ma è un’attività di miniera a cielo aperto, sia per le tecniche adottate che per la materia estratta. E ciò non è assolutamente normato in quanto tale, e forse non è neppure ammissibile su queste montagne.

Italia, Toscana, Alpi Apuane (Lucca), Cave di marmo sopra Levigliani (monte Corchia)

Cava a ovest del Monte Corchia. Foto: M. Verin

Italia, Toscana, Alpi Apuane (Lucca/Massa Carrara), Cave del Passo della Focolaccia


L’istituzione della zona industriale montana di Carrara e i pericoli di una sua estensione
Alla base di questa devastazione della montagna vi è inoltre la sciagurata decisione di eliminare dal Parco delle Apuane il bacino marmifero di Carrara e di lasciarlo fuori dal Parco. Quanto questa decisione sia stata errata lo dimostra lo stato del territorio di questa parte della Toscana, una vera vergogna regionale e nazionale.
L’ipotesi di una estensione della zona industriale ad altre parti della catena, anche sopra i 1300 metri, è una vera follia ambientale e giuridica, una deregulation inammissibile, ed uno svuotamento del senso stesso del Parco, devastante per il Parco stesso.

La necessità di un piano di riconversione economica paesistica per i territori alterati
Di fronte a questo stato di cose e alle mire di ipersfruttamento senza regole in atto, occorre un coraggioso, anche se tardivo, ripensamento totale della situazione.
Ma non vi è alternativa:
– o la distruzione totale di una montagna, di un bene pubblico, con la conseguente messa in crisi di un’intera città, certamente procurando dei lucrosi utili immediati a pochi operatori, ma producendo un danno economico così ampio da essere anche difficilmente quantificabile ma comunque enorme e per certi aspetti irreversibile;
– o bloccare questa dinamica distruttiva ed invertire questa tendenza.

Il bacino estrattivo di Torano, Carrara

torano

Si tratta allora di fermare le attività improprie ed irregolari e di predisporre immediatamente un piano di transizione e di compensazione economiche per la fase transitoria che si articoli su alcuni punti:
– la bonifica delle zone alterate che consentirebbe comunque un recupero di tanti materiali sprecati, secondo precisi piani di riassetto in primis, di tipo idrogeologico, bonificando la miniera a cielo aperto per tornare ad un uso razionale delle cave e alle loro “coltivazioni”;
– la riattivazione del prelievo del marmo su basi qualitative, rilanciando un mercato della qualità anche su basi innovative, con quantità contingentate e con la riapertura dell’intera filiera del marmo, fino alle opere di qualità per la città e per l’arte;
– un recupero di posti di lavoro, sia per le attività sopra ricordate, sia anche attraverso una diversa utilizzazione di luoghi impropri e ormai “orridi”, anche ai fini di un “turismo
dell’impossibile” (un turismo dei grandi numeri, di “massa”, in un ambiente incredibile ma controllato) che in realtà si potrebbe appoggiare ad un recupero delle movimentazioni su ferro, sia della marmifera che di altri interventi meccanizzati possibili in questi “paesaggi del limite” (v.anche articolo di P.Rumiz, “le statue offese” su Repubblica, 15 agosto 2011);
– lo sviluppo di nuove tecnologie del recupero e attraverso studi progetti e sperimentazioni lo sviluppo di nuovi know how del risanamento territoriale, questi sì davvero applicabili in tante situazioni di recupero a livello mondiale.

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Carrara, “Monte” Bettogli

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Certamente un simile programma necessità di tempi e di investimenti iniziali significativi ma questi potrebbero essere recuperati attraverso il coinvolgimento degli stessi operatori del marmo sia in forma di inserimento nel programma stesso, sia in forma di recupero delle tassazioni finora evitate (o evase).

Alla base di tutto vi deve essere una diversa consapevolezza del valore del Bene Comune Montagna, e delle regole e concessioni che lo devono garantire e renderlo sostenibilmente fruttuoso (anche, se del caso, ricorrendo allo spirito degli antichi statuti civici).

LA MONTAGNA APUANA E IL SUO ABBANDONO – VERSO UN NUOVO MODELLO COMPLESSIVO
Il sistema Apuane, i territori e le città contermini
Ma le Apuane non sono solo marmo. Queste straordinarie montagne sono anche fatte di nodi orografici maestosi e singolari, di pascoli, faggete e grotte, di vallate, di corsi d’acqua singolari perché spesso legati al carsismo, e anche di alpeggi e di bellissimi paesi e paesetti, di castagneti e di orti e di frutteti, di boschi e di terrazzamenti. Anche il pedemonte di questa montagna è singolare sia dalla parte dei due fiumi Serchio e Magra, ma in particolare sul lato del Tirreno, dalle colline versiliesi e massesi-carrarine fino al mare e alle pinete costiere.

L’incisione fluvio-glaciale nel Solco di Equi – censita tra i geositi del Parco Regionale delle Alpi Apuane
e del Geoparco Europeo e Mondiale – come si può ben vedere è colmata
dai detriti derivanti dell’attività estrattiva.

marmifera 1
D’altra parte questa montagna è situata tra l’Appennino Settentrionale e la Liguria (Golfo di La Spezia e Cinque Terre) nel punto dove inizia la parte peninsulare d’Italia e la penisola italiana si avanza nel Mediterraneo. Questa singolare connotazione geografica è anche quella che è all’origine delle biodiversità naturalistiche, ambientali e antropologiche di questi luoghi.
Completa il quadro il fatto che ai suoi piedi vi sono importanti città e vasti insediamenti umani assai interessanti, da Lucca a Massa, Carrara, e quindi la Versilia, Aulla e la Lunigiana, ed anche Sarzana e Luni e tutte le cittadine Apuane stesse.

La montagna sede di una diversa economia, in una nuova relazione Città/Montagna
Per affrontare la seconda emergenza di questa montagna che come abbiamo visto è l’abbandono, pensiamo che esso possa in parte essere affrontato in sé, con alcune opere di mitigazione, ma che fondamentalmente vada individuata una diversa collocazione della montagna nel suo sistema più ampio, stabilendo un diverso tipo di scambio e di circolazione dei beni della montagna con le altre entità vicine ed anche più lontane.
In altri termini si tratta di stabilire con le Città e con i loro abitanti un rapporto non di subalternità ma di scambio di valori e di prodotti, ma anche di relazioni umane e mentali, nelle città sempre più rari e che invece si potrebbero ritrovare in montagna, purché lì, in montagna, si vada ad esaltare i valori e le diversità della montagna e non si trasferiscano invece modelli urbani (turismo, edilizia, commercio) derivati appunto su stereotipi metropolitani.
Le Apuane, con le loro straordinarie varietà e differenze, e con la loro ricca situazione di contorno potrebbero divenire un cantiere straordinario di questo diverso modello economico paesistico del dopo crisi, di valore italiano e forse europeo.

Le principali voci del nuovo modello. Le potenzialità diffuse. Le indicazioni spontanee emergenti
Abbiamo per ora individuato l’ambito di questo progetto nell’anello ferroviario esistente, ma è chiaro che le sue relazioni coni territori contermini, sia urbani che ambientali sono molteplici, da quelli diretti a quelli “di relazione” che si possono stabilire a diverso livello, sia di governance, che di reazione effettiva (Collegamenti tra Parchi, dalla Liguria a San Rossore, dagli Appennini alla Versiliana, collegamenti, anche virtuali e relazionali, oltre che del trasporto pubblico con le città).
Nuove catene produttive e di beni, dalle filiere corte alimentari o del marmo, ai sistemi di prevenzione e cura della salute, ma più che altro alla messa in evidenza del grande patrimonio antropologico, archeologico, naturalistico e direi di un’ecologia dell’abitare che le Apuane conservano, insieme alle sue risorse più note.
Molte indicazioni in tal senso stanno fiorendo spontaneamente in nuovi rapporti umani città/montagna, anche se spesso molto isolate nel loro ambito tradizionale, ma un loro collegamento è possibile e già maturo.

Pane sì per gli operai… companatico per i concessionari delle cave

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Del resto il successo – anche ‘informatico’ – di Salviamo le Apuane indica le straordinarie potenzialità ed interessamento di questo sforzo di innovazione, anche attraverso l’uso delle tecniche di comunicazione più aggiornate.

Tutto questo fa ben sperare che qui si possa trovare le risposte anche alla precarietà ed al lavoro giovanile, attraverso una nuova generazione di attivisti e di “imprenditori” delle relazioni città/bioregione montana, economia ambientale contemporanea/ nuovi paesaggi condivisi.

Un processo progressivo e sperimentale entro un quadro di riferimento esteso; il recupero dell’Istituzione Parco verso una sua dimensione europea
Le indicazioni che abbiamo fornito possono diventare un programma operativo e di indirizzo per le Popolazioni Apuane e per la loro Montagna, se le poniamo alla base di un Processo Programmatico di Governance Economico –Territoriale, su base Paesistica, alle seguenti condizioni:
– che le Amministrazioni Regionali e locali siano disponibili ad aprire una fase di sperimentazione concreta per la messa a punto e per una prima attivazione di un simile
Programma, attraverso atti di una reale Governance economico-paesistica (Patti, Contratti di paesaggio, e simili, come in altre regioni si stanno sperimentando, vedi a esempio Contratto di Fiume – Paesaggio, Regione Emilia Romagna, provincia di Modena, comuni di Vignola, Svignano, Spilamberto, San Cesareo, sul fiume Panaro, e i Contratti Paesaggio-in Provincia di Terni, in corso);
– che le popolazioni, progressivamente coinvolte, condividano e partecipino attivamente, con l’azione diretta e con la loro creatività ad uno sviluppo sempre più dinamico delle proposte stesse, che perciò vanno ampiamente diffuse e dibattute, per avere comunque una propria iniziativa significativa ed autonoma;
– che il processo sperimentale sia “aperto”, tanto nei confronti della fase di transizione dell’economia del marmo che in quella generale dell’economia ecologica, in quanto gli esiti possono maturare anche all’interno del processo stesso;
– che si faccia grande attenzione alle molteplici azioni “spontanee” già in corso e che si favorisca la nascita immediata delle iniziative ecosostenibili in particolare quelle giovanili.

Questo quadro generale può essere completato con il ruolo del Parco
La nostra impostazione, che per questo piano di rilancio della relazione Montagna /Città e di riscoperta dei valori della montagna stessa, si spinge, come abbiamo visto, fino a comprendere tutto il territorio compreso nell’anello ferroviario di base e che pone l’esigenza di numerose relazioni con città e parchi limitrofi, comporta un rilancio anche del Parco delle Apuane, che a nostro avviso ha una valenza non solo regionale, ma nazionale o meglio Europea (un tipo di parco di nuova istituzione, che potrebbe essere lanciato proprio da questa situazione), con conseguente riordino delle sue modalità di gestione interna e di intervento sul territorio, oggi assai consumate.

Cava ad Arnétola

Cava di marmo ad Arnétola (Alpi Apuane)

Altri documenti
Un colpo d’ali… le Apuane, campo di lavoro di un possibile mondo futuro

Emergenza Apuane

Apuane: 279 modi per dire carbonato di calcio

Colonnata  e le cave di marmo

Colonnata  e le cave di marmo , Alpi Apuane

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SALVIAMO LE APUANE dal più grande disastro ambientale d’Europa ultima modifica: 2014-03-05T08:36:05+01:00 da GognaBlog

4 pensieri su “SALVIAMO LE APUANE dal più grande disastro ambientale d’Europa”

  1. 4

    […] un altro spiegava che quelli erano intenti alla sua MinS; nei 50 secondi iniziali di Aut Out, l’ottimo video di Alberto Grossi, il TG3 Toscana declama che con “due tonnellate e […]

  2. 3

    […] un altro spiegava che quelli erano intenti alla sua MinS; nei 50 secondi iniziali di Aut Out, l’ottimo video di Alberto Grossi, il TG3 Toscana declama che con “due tonnellate e […]

  3. 2
    Bonardi Carlo - Brescia says:

    “Mettere in sicurezza”.
    Guardando il bel video di Alberto Grossi (sigh! Però, grazie) ho sentito due volte, nei 50 secondi iniziali dell’audio trapiantativi dal TG3 Toscana, che una ragione o mezzo del primo degli interventi “esplosivi” filmati sarebbe la “sicurezza”.
    Occhio! Sospetto che il dire “mettere in sicurezza” per qualunque cosa si faccia… faccia anche venire l’orticaria.

  4. 1
    Bonardi Carlo - Brescia says:

    Credo che questa situazione in sostanza non sia nota al grande pubblico, tantomeno con le specifiche informazioni qui riportate; mettete in giro notizie ed immagini, se potete, poichè solo la politica condivisa può porre freni (purtroppo essa è sovente serva dell’economia).
    Pochi anni fa sono passato in Sicilia ed ho visto diverse colline affettate e spianate, segno evidente che cose simili possono essere fatte ovunque c’è “materia”.
    A coronamento, ancora riporto un estratto da Pirandello (“Uno, nessuno, centomila”, dialogo tra il protagonista, Moscarda, e montagna):

    Avete mai veduto costruire una casa? Io, tante … . “Ma guarda un po’ l’uomo, che è capace di fare! Mutila la montagna; ne cava pietre; le squadra; le dispone le une sulle altre e, che è che non è, quello che era un pezzo di montagna è diventato una casa.”
    “Io” dice la montagna “sono la montagna e non mi muovo.”
    Non ti muovi, cara? E guarda là quei carri tirati da buoi. Sono carichi di te, di pietre tue. Ti portano in carretta, cara mia! Credi di startene costì? E già mezza sei due miglia lontano, nella pianura. Dove? Ma in quelle case là, non ti vedi? una gialla, una rossa, una bianca; a due, a tre, a quattro piani.
    E i tuoi faggi, i tuoi noci, i tuoi abeti?
    Eccoli qua, a casa mia. Vedi come li abbiamo lavorati bene? Chi li riconoscerebbe più in queste sedie, in questi armadi; in questi scaffali?
    Tu montagna, sei tanto più grande dell’uomo; anche tu faggio, e tu noce e tu abete; ma l’uomo è una bestiolina piccola, sì, che ha però in sé qualcosa che voi non avete
    ”.

    Una differenza è che oggi sono più tecnologici; inoltre, sempre più la cosa funziona anche al contrario, vogliono portare la città in montagna, anzi, l’hanno già fatto.

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